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Dove si lavora di più? I lecchesi sono gli stakanovisti d’Italia: lavorano 265 giorni all'anno. La classifica

Dove si lavora di più? I lecchesi sono gli stakanovisti d’Italia: lavorano 265 giorni all'anno. La classifica
Lo rivela un'analisi della Cgia di Mestre. Al nord si lavora 27 giorni in più rispetto sud. Ma a cosa è dovuta la differenza? C’è una spiegazione
Lo studio di un commercialista (foto repertorio)

Lo studio di un commercialista (foto repertorio)

Lecco, 10 maggio 2025 – I lecchesi sono gli Stakanov d'Italia. Lecco è infatti la provincia dove si lavora di più. I lecchesi lavorano mediamente quasi 265 giorni all'anno. Lo rivela una ricerca dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, la Confederazione generale italiana dell'artigianato.

Al nord si lavora di più, al sud di meno

Secondo l'analisi, al nord si lavora in media 255 giorni all'anno, al sud 228: in altre parole, gli occupati del nord Italia lavorano 27 giorni in più all'anno rispetto ai colleghi del sud. I lavoratori con il maggior numero medio di giornate lavorate durante il 2023 sono stati appunto nella provincia di Lecco, con una media di 264,9 giorni lavorativi, pari a quasi 9 mesi di lavoro, week end e festività comprese. Seguono i dipendenti privati di Biella con 264,3 giorni di lavoro, Vicenza con 263,5, Lodi con 263,3, Padova con 263,1, Monza-Brianza con 263, Treviso con 262,7 e Bergamo con 262,6. Le province dove si lavora di meno sono di contro quella di Foggia con 213,5 giorni, Trapani con 213,3, Rimini con 212,5, Nuoro con 205,2 e Vibo Valentia con 193,3 giorni. Significa che i lecchesi hanno lavorato 71 giorni in più dei colleghi vibonesi, cioè 2 mesi interi e 10 giorni in più. La media italiana è stata pari a 246,1 giorni.

Il perché della differenza

Secondo gli esperti della Cgia la differenze tra nord e sud non è però dovuta al fatto che al nord ci siano instancabili eroi del lavoro e al sud invece lazzaroni. “All'origine di questi dati vi sono almeno due ragioni strettamente correlate – spiegano -. La prima è dovuta a un'economia sommersa molto diffusa che nelle regioni meridionali ha una dimensione non riscontrabile nel resto del Paese e che, statisticamente, non consente di conteggiare le ore lavorate irregolarmente. La seconda è imputabile a un mercato del lavoro che nel Mezzogiorno è caratterizzato da tanta precarietà, da una diffusa presenza di part-time involontario, soprattutto nei servizi, da tanti stagionali occupati nel settore ricettivo e dell'agricoltura, che abbassano di molto la media delle ore lavorate”. Sarebbe quindi questione di giorni lavorativi "fantasma", in nero, e di appunto di lavori precari, non continuativi.

Gli stipendi più alti e più bassi

Nelle aree dove le ore lavorate sono più elevate, anche la produttività è maggiore e conseguentemente gli stipendi sono più pesanti. Al nord la retribuzione media giornaliera nel 2023 è stata di 104 euro lordi, al sud di 77 euro, una differenziale del 35%. Milano è stata la realtà dove gli imprenditori hanno erogato gli stipendi medi più elevati: 34.343 euro. Seguono Monza con 28.833 euro, Parma con 27.869 euro, Modena con 27.671 euro, Bologna con 27.603 euro e Reggio Emilia con 26.937 euro. "Realtà con forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto, come auto di lusso, la meccanica, l'automotive, la meccatronica, il biomedicale e l'agroalimentare", sostengono sempre dalla Cgia. I dipendenti più “poveri”, invece, si trovano a Trapani con 14.854 euro, a Cosenza con 14.817 euro, a Nuoro con 14.676 euro e infine a Vibo Valentia con 13.388 euro, mentre la media italiana delle retribuzioni nel 2023 è stata di 23.662 euro.

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