I costruttori pressano Bruxelles: stop alla produzione equivalente di otto fabbriche
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Il 5 marzo sembra una data vicina, ma mancano decisioni, e può ancora rivelarsi lontanissima. Il 5 marzo la Commissione europea è infatti chiamata a comunicare le misure decise nel “dialogo strategico con l'industria automobilistica”, una serie di incontri che dal 30 gennaio 2025 coinvolgono costruttori, sindacati e politica. Sul tavolo, almeno ufficialmente, la prospettiva di incentivi europei all’acquisto di auto elettriche, oltre alla possibilità di ammettere anche la vendita di modelli con motorizzazione ibrida plug-in oltre il 1° gennaio 2035, limite finora invalicabile per nessuna altra vettura non alimentata a batteria. Nella realtà, il clima a Bruxelles è agitato dall’emergenza Cafe, abbreviazione fin troppo amichevole della normativa Corporate Average Fuel Economy che si traduce nell’obbligo imposto a tutti i costruttori automobilistici di commercializzare modelli che consumino meno carburante, misurando il risultato in minori emissioni di CO2. Dal 1° gennaio 2025 i costruttori si vedono imposta una multa di 95 euro per ogni grammo oltre i 95 previsti come limite massimo, da moltiplicarsi per la somma complessiva delle vetture vendute nell’anno. Un dramma finanziario che i produttori europei, rappresentati dall'associazione di categoria Acea, quantificano in 16 miliardi di euro di sanzioni, di cui 13 miliardi relative alle vetture e 3 per i mezzi commerciali. Ora Sigrid de Vries, segretario generale proprio dell'Acea, sembra passare garbatamente al contrattacco: su proposte precise, Ursula von der Leyen dovrà almeno fornire una risposta.
Quanto sia critica la situazione lo raccontano perfettamente entrambe le proposte di soluzione avanzate dall’Acea. La prima prevede che, per l’imposizione di multe, la media di emssioni sia calcolata non sul 100% delle vetture prodotte da un costruttore, ma sul 90% nel 2025 e sul 95% nel 2026. La seconda proposta prevede di trasformare il limite annuale in un obiettivo cumulativo da raggiungere entro il 2029. Entrambe le proposte partono dalla considerazione che per prescrizioni finora imposte nascono da una errata valutazione sul decollo delle vendite di auto elettriche in Europa. Per raggiungere gli obiettivi si dovrebbe vendere una percentuale di vetture a batteria oscillante tra il 20% e il 25% sul totale. Nel 2024 le vetture elettriche hanno toccato il 14%. Per un puro esercizio di somma algebrica, per spostare velocemente la media a favore delle Bev non si può che diminuire la produzione di mezzi con motorizzazione tradizionale. Per l'Acea questo comporterebbe una riduzione della produzione di oltre 2 milioni di auto e 700 mila furgoni, che equivarrebbe alla chiusura di otto fabbriche e la conseguente perdita di posti di lavoro. Acea ha citato recentemente un rapporto di S&P Automotive secondo cui la più ottimistica previsione pronostica le vendite di veicoli elettrici nell'UE in crescita del 40% quest'anno, portando la quota di mercato al 19,7%; dato che a gennaio ammontava al 15%.
La Gazzetta dello Sport