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Papa Leone XIV nel solco di Francesco: inclusione senza rivoluzione, tra pace, ambiente e diritti mancati

Papa Leone XIV nel solco di Francesco: inclusione senza rivoluzione, tra pace, ambiente e diritti mancati

Bradisismo. È questo il termine che meglio racconta il pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Un fenomeno geologico poco appariscente, che indica il lento innalzamento o abbassamento del suolo in aree ben precise del pianeta. Invisibile nell’arco di una giornata, velocissimo e inesorabile sul lungo periodo. Papa Francesco è stato questo. Una serie di piccoli colpi di scalpello su una statua grezza che ha ancora tanto, troppo da rivelare. Durante il suo pontificato ha cesellato a più riprese un blocco di pietra che, pur millenario, presenta ancora bordi decisamente troppo taglienti, in grado di ferire non solo chi prova a toccarlo senza la dovuta cautela, ma anche chi lo guarda da lontano.

Il Vaticano, dopotutto, è una presenza indissolubile nella quotidianità di milioni di persone nel mondo. Non è un caso che Michele de Certau, gesuita e filosofo, definisse la Chiesa “una memoria collettiva, che plasma anche coloro che la contestano”. Francesco aveva colto in pieno questa universalità dell’apparato ecclesiastico, rivolgendosi – talvolta in modo controverso – a chiunque si interfacciasse con la Curia romana. Dalle sporadiche aperture nei confronti della comunità Lgbt all’estrema propensione per gli ultimi, è innegabile che quello di Francesco sia stato un pontificato denso di significati, contraddistinto da un’eredità che il suo successore sembrerebbe non reputare ingombrante.

Nel solco di Francesco

La fumata bianca che ha nominato pontefice Robert Francis Prevost ha lasciato attoniti molti seguaci di uno dei conclavi più bisbigliati degli ultimi decenni. Mentre le voci più influenti del panorama ecclesiastico auspicavano identità contrapposte, rispondenti – ad esempio – ai profili di Matteo Zuppi e Péter Erdo, il quadro internazionale contemporaneo, complesso e denso di dolore, richiedeva un profilo capace di inserirsi in un equilibrio che molti reputano oramai perduto.

Non è un caso che Robert Francis Prevost corrisponda perfettamente a questo identikit, fatto di moderazione ma, soprattutto, di continuità. Non certo progressista quanto Zuppi, neppure conservatore come Erdo o Sarah, considerati eccessivamente fedeli alla linea tenuta dalle sfere più influenti e conservatrici del cattolicesimo. Papa Leone XIV, evocativo già a partire dalla scelta del nome, si è inserito fin dal primo momento in un quadro estremamente complesso, entrando in punta di piedi e caricandosi sulle spalle il lascito di Papa Francesco. Certo, non è semplice immaginare il modo in cui l’erede nominale dell’autore della Rerum Novarum declinerà la sua personalità, ma è possibile ipotizzarne il corso.

Sulla soglia del sacro: il rifiuto del Sacerdozio femminile

“Quando comandano le donne, le cose vanno”, ha affermato Papa Francesco dopo essere stato dimesso dal Policlinico Gemelli. Un’apertura netta, certo non corroborata dai fatti. Un’uscita che, in campo politico, sarebbe stata sicuramente definita come populista. Ma la Chiesa, si sa, è qualcosa di completamente diverso. E Francesco lo ha sempre saputo, rilanciando a parole ciò che, nei fatti, non può e non potrà mai essere fatto, pena un completo snaturamento dell’architettura ecclesiastica. Rimangono le dichiarazioni, simbolo di un’apertura effimera ma, al contempo, indice di un cammino intrapreso con fermezza e che solo un pontefice conservatore avrebbe chiuso con una sonora doppia mandata.

Fino ad oggi, Prevost non ha mai lasciato ampi spazi di manovra che, come anticipato, verrebbero ampiamente vanificati da uno dei pilastri dogmatici dell’intero ecosistema. Come riportato dalla CNA, la Catholic News Agency, neanche due anni fa era stato lo stesso Leone XIV a dichiarare che “clericalizzare le donne” non avrebbe certo risolto gli annosi problemi dei quali è affetta la Curia romana, “al massimo ne creerebbe altri”, aggiungendo che “la tradizione apostolica è qualcosa di molto chiaro”. Una posizione, in fin dei conti, ben più in linea con le guide dettate dai testi sacri entro le quali ogni pontefice è chiamato a operare, e che introduce una delle caratteristiche cardine del nuovo Papa: la propensione alla risoluzione pragmatica delle controversie. Un pragmatismo che, ancora una volta, per essere compreso e giudicato deve essere osservato entro la lente conservatrice dell’intera Chiesa cattolica.

Aborto, un dogma insuperabile

“La Chiesa Cattolica non è uno specchio della società e deve essere differente. Non è semplice decidere di cambiare qualcosa che è stato così per duemila anni”, aveva scandito lo stesso Prevost nel corso della medesima intervista. Un riferimento lapalissiano ad alcuni dei principi cardine del dogmatismo che fa capo a Roma come, ad esempio, in merito al diritto all’aborto. Anche in questo caso è possibile inscrivere Leone XIV nel solco di Francesco. Un solco che, stavolta, è composto dalla privazione di un diritto fondamentale per milioni di donne al mondo. Sarebbe stato impossibile, al contempo, aspettarsi qualcosa di diverso.

Papa: “L’aborto omicidio”. Sulle contestazioni per il ruolo delle donne accusa “femminismo esagerato”

Mentre Francesco, che definì “sicari” i medici che praticano l’aborto, ha utilizzato nel corso del suo pontificato parole al veleno nei confronti delle figure professionali coinvolte nelle pratiche, Prevost non si è mai espresso in modo così offensivo sul tema, pur rivendicando una posizione di assoluta durezza e linearità con la tradizione. Un pragmatismo che, ancora una volta, lo terrà presumibilmente al riparo da prese di posizione divisive e in grado di acuire il clamore mediatico sugli ambienti vaticani, anche in tema di fine vita.

Figli dello stesso Dio, inclusione senza rivoluzione

È possibile ipotizzare, dunque, un pontificato all’insegna della sobrietà e dell’attenzione nei confronti delle principali tematiche sociali, abbandonando una controversa apertura occorsa durante il precedente papato alle questioni civili. Infatti, se nell’ultimo decennio Leone XIV si è avvicinato – secondo fonti vaticane rilanciate dai media generalisti – alle posizioni di apertura esplicitate a fasi alterne da Bergoglio, certo non possono cadere nell’oblio le dichiarazioni proferite in merito alla comunità Lgbt durante il suo percorso cardinalizio.

Come riportato dal New York Times, risalgono al 2012 le frasi del neo pontefice, particolarmente controverse, in merito allo “stile di vita omosessuale”, a “credenze e pratiche in contrasto col Vangelo” e alle “famiglie alternative”. Un archetipo della struttura familiare, quello rilanciato in passato dall’ormai ex porporato agostiniano, smontato solo in parte da Francesco. Il pontefice argentino, nel tempo, si era espresso con un’apertura invidiabile, visti i precedenti, in merito al tema delle leggi che, nel mondo, criminalizzano chiunque appartenga alla comunità Lgbt. Spetta al nuovo pontefice, adesso, raccogliere un testimone capace di non ripudiare e gettare nell’oblio della fede migliaia di credenti arcobaleno.

Nove volte pace

“Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”, ha dichiarato Prevost dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, in un discorso denso di riferimenti al precedente pontificato. Dichiarazioni lineari, ben ponderate e mai fuori dai riferimenti dettati dal suo ordine, quello agostiniano, più un particolare riferimento: quello alla parola pace, nominata ben nove volte.

Il discorso del nuovo Papa tra la commozione: “La pace sia con tutti voi. Aiutateci a costruire ponti”

Una pace auspicata nei teatri di guerra, nelle società in conflitto, all’interno delle maglie di un tessuto sociale sempre più liso e in grado di deflagrare da un momento all’altro. Sarà questo, probabilmente, il punto cardine del pontificato di Leone XIV, nel segno di colui che lo ha preceduto non temporalmente, bensì nel nome: Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum. L’enciclica, pubblicata nel 1891, è ancora oggi una pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa, che si esprime in merito ai diritti dei lavoratori, al tema del giusto salario e al ruolo mediatorio della Chiesa tra capitale e lavoro.

Terreni già calpestati da Francesco che, a più riprese, ha toccato il tema della giustizia sociale, degli ultimi, degli emarginati e dei lavoratori, ma anche di migranti e carcerati, in una pace auspicata a più riprese per coloro che, quotidianamente, vivono ore di difficoltà. Ma quello di Papa Francesco era anche un desiderio di pace rivolto ai teatri di guerra di tutto il mondo, con le chiamate, ogni sera, a Gaza, i pensieri rivolti all’Ucraina e a tutti i conflitti che dilaniano quotidianamente le vite di migliaia di innocenti.

Il “Vangelo verde” di Francesco

Ad aver giocato un peso rilevante nella fumata bianca dei giorni scorsi potrebbe essere stata, infine, la nazionalità di Prevost. Il suo passaporto a stelle e strisce, non a caso, lo pone in profonda contrapposizione con uno dei potenti della terra, se non il potente della terra per eccellenza: Donald Trump. Un profilo da imperatore, testimoniato dallo sprezzo più totale per il ruolo che è chiamato a presiedere. Da oggi, negli Stati Uniti il potere ha due teste, e l’ambiente verrà presto chiamato a rappresentare il terreno di scontro decisivo per questo acceso dibattito.

Nel solco di Francesco, Leone XIV ha già testimoniato a più riprese tutto il suo impegno verso l’ambiente, auspicando un rapporto reciproco col suolo e l’abolizione della tirannia come “regime di dominio” sulla natura. Posizioni fermamente contrarie a quelle di Trump e del suo vice, JD Vance, da sempre impegnati nel non ascoltare il pianto disperato di un pianeta che non digerisce più la convivenza col genere umano.

Adesso, sarà compito di Leone XIV raccogliere il testimone di un movimento lento ma inesorabile, avviato nel decennio passato da Bergoglio. Il solco è tracciato, spetta al primo Papa statunitense mai salito al soglio di Pietro prendersene cura.

Luce

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