«The Blues Brothers», il nuovo libro di Daniel de Visé per riscoprire il cult
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Musica e Cinema Il volume tradotto in italiano da Sagoma Editore, è stato presentato a Milano dall'autore e il sassofonista della band Blue Lou Marini
In Italia pochi conoscono Daniel de Visé, giornalista pluripremiato, Pulitzer compreso, oltreché impegnato a far liberare dalla galera innocenti condannati. Quando sta per scrivere una biografia di B.B. King si chiede, lui, di Chicago perché il grande musicista non avesse partecipato alla realizzazione del film di John Landis The Blues Brothers dove peraltro compaiono James Brown, Cab Calloway, Ray Charles, Aretha Franklin, John Lee Hooker.
E ALLORA telefona a Landis che gli risponde come fosse stata una scelta del manager che lo dava per occupato. In realtà, Ray Charles a parte, gli altri erano tutti in un momento di fiacca, felicissimi di partecipare al film. Anche perché i fratelli Blues, Dan Aykroyd e John Belushi, sono davvero due appassionati di quel genere musicale, e contribuiscono in maniera decisiva alla sua rinascita. Tutto nasce da Jake e Elwood i due fratelli Blues che prima si inventano la cosa, poi, non senza difficoltà, la portano al Saturday Night Live infine su grande schermo. Così de Visé vira verso la scrittura di un altro libro, The Blues Brothers, la storia di un’amicizia epica e il dietro le quinte di un cult (Sagoma editore). In videoconferenza da Washington ha ripercorso alcune vicende legate al libro, mentre la memoria storica vissuta è spettata a Blue Lou Marini, il sassofonista della band. Che racconta di come avrebbero dovuto esibirsi al SNL, dopo due settimane di prove, ma Lorne Michaels, il produttore, non era dell’idea. E qui arriva il caso, la trasmissione era in diretta e bisognava riempire un vuoto, così arriva la band e travolge tutto. Secondo de Visé invece era tutto previsto. Il resto è storia, prima i concerti, poi il film. Di culto.
Ma all’epoca non un successo, boicottato da una catena di esercizio (non lo volevano programmare nei quartieri bianchi per non attirare il pubblico afroamericano, inoltre secondo loro c’erano troppi neri per interessare ai bianchi). E per la prima volta un film hollywoodiano incassa di più all’estero che in patria. Dan e John non potevano essere più diversi, sottolinea Lou, John carismatco, spontaneo, empatico, emotivo, Dan intellettuale, superintelligente, però matto chiosa de Visé, visti da fuori sembravano Stanlio e Ollio. Ma la vera grande storia è proprio quella della loro amicizia, nata a Second City, rafforzata da una comicità improvvisata e spesso trasgressiva, enfatizzata da quel look geniale, e soprattutto da quel grande cuore blues che continua a battere e che ha stimolato un’infinità di musicisti e fatto scoprire Chicago. E che forse potremo riscoprire di nuovo grazie a un documentario che pare verrà realizzato con materiale inedito.
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