Il Nobel a Zelensky? Schlein tace, ma nel Pd c’è chi dice sì


C'è un pd ucraino
Da Gentiloni a Picierno, in molti nel Partito democratico sottoscrivono l'idea del Nobel per la Pace a Zelensky lanciata dal Foglio. Manca solo la segretaria
Il premio Nobel per la pace a Volodymyr Zelensky? “Democrazia, libertà e pace non sono separabili”, dice al Foglio l’ex commissario europeo ed ex presidente del Consiglio in quota Pd Paolo Gentiloni. Che poi aggiunge: “Democrazia libertà e pace, oggi, sono sotto attacco. E nessuno sta facendo più di Zelensky per difenderle. Gli autocrati lo hanno sottovalutato e ora lo odiano. I democratici dovrebbero farne il loro simbolo. A Kyiv e in Italia”.
E proprio tra i democratici, in Italia, c’è chi sull’opportunità di conferire l’onorificenza al presidente ucraino non ha dubbi. “Non c’è un’altra personalità pubblica, a livello internazionale, più meritevole di quel premio”, dice il senatore del Partito democratico Filippo Sensi. “Il Nobel – fa eco la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno – simboleggia da sempre le aspirazioni di libertà e di pace di tutta l'umanità. E Zelensky, con la sua esperienza umana e politica, è stato e continua ad essere questo, non solo per il suo popolo”.
“Zelensky merita quel premio – spiega ancora Sensi – per quello che ha sofferto e soffre ogni giorno l’Ucraina. Per i valori di democrazia, di libertà, di diritto e di pace che l’Ucraina difende. Per la richiesta di pace che, nonostante tutto ciò che patisce quotidianamente la sua gente, altrettanto quotidianamente solleva di fronte alla comunità internazionale. Perché oggi più che mai è il simbolo di ciò che significa la pace: il rischio della vita contro l’ineluttabilità del male, la speranza di vivere la propria vita senza scontare il giogo della violenza, dell’abuso, dell’odio”. “Che l'appello del direttore Cerasa venga raccolto da tutte le forze democratiche italiane ed europee”, è l’auspicio di Picierno. “Che venga raccolto da qualunque schieramento politico. In special modo da chi fa del progresso la cifra identitaria dell'alternativa”.
Che l’appello venga accolto “in special modo da chi fa del progresso la sua bandiera”, e dunque, in special modo, dal suo Pd. Che se in Italia talvolta tentenna, da Bruxelles, invece, con l’ex sindaco di Firenze Dario Nardella, acclude all’assenso al Nobel una testimonianza personale: “Ho conosciuto Zelensky a Kyiv nell’estate del primo anno di guerra – dice l’eurodeputato – dopo che a marzo era intervenuto per la prima volta da remoto nella grande manifestazione di Piazza Santa Croce a Firenze, collegata ad altre 100 piazze europee, con le bandiere dell’Ucraina e di tutti i partiti politici”. E da allora? “Da allora abbiamo costruito un rapporto di collaborazione sincera. Quando lo incontrai a Kyiv per firmare l’accordo tra le città ucraine e quelle europee, per la ricostruzione delle loro scuole, ospedali, biblioteche, gli chiesi: presidente, come mai in piena guerra e sotto i bombardamenti, a cinque mesi dall’invasione russa, volete parlare di ricostruzione delle città attaccate? Lui mi rispose: Perché se non ci impegniamo nella ricostruzione anche sotto le bombe, come posso trasmettere al mio popolo, che combatte ogni giorno, un messaggio di speranza per arrivare presto alla pace e alla rinascita? Ecco. In quella conversazione a Kyiv ritrovo le ragioni di una proposta di conferimento del premio Nobel a Zelensky”.
Per la deputata Lia Quartapelle, “Zelensky merita il premio per il suo coraggio, perché con il coraggio sta guidando il suo popolo”. E se pure tra i riformisti c’è chi è punto persuaso dall’opzione-Nobel, non per questo cambia niente nella sostanza. Per l’ex sindaco di Bergamo oggi europarlamentare Giorgio Gori è vero che “la politica vive anche di atti simbolici, di cittadinanze onorarie e di proposte-bandiera, ma…”. Ma? “Ma ai simboli, ed è un mio limite, io tendo a preferire la consistenza delle policies, che in questo caso valgono il rinnovo e anzi il potenziamento del sostegno umanitario, economico e militare dell’Europa a Kyiv. Tanto per l’oggi, a compensare la miseria morale di chi promette ‘mai più un dollaro per l’Ucraina’, quanto per il domani, quando l’auspicato ‘cessate il fuoco’ avrà bisogno di robuste garanzie per trasformarsi in una pace solida e duratura. Mi perdonerà, quindi, il direttore del Foglio se alla sua proposta di candidare Zelensky al Nobel scelgo di aderire nella sostanza ma non nella forma”.
Adesione – formale o sostanziale – per la quale il Pd ha battuto comunque un colpo. Soprattutto da Bruxelles. “Da europei – conclude Picierno – dopo decenni di ubriacatura da bilanci e rigore, abbiamo riscoperto il senso più profondo della nostra integrazione, la ragione più intensa della nostra partecipazione politica, la resistenza più tenace alla protervia dell’aggressore”.
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