Sala sotto assedio, ma Meloni frena. Il Pd: 'Vada avanti'

Il centrodestra va in pressing su Beppe Sala, per chiederne le dimissioni dopo l'inchiesta sull'urbanistica milanese. Ma la premier Giorgia Meloni si mostra più cauta e su una linea garantista: "Non sono mai stata convinta che un avviso di garanzia porti l'automatismo delle dimissioni. E' una scelta che il sindaco deve fare sulla base della sua capacità, in questo scenario, di governare al meglio", afferma in un'intervista al TgUno per poi rimarcare: "Non cambio posizione in base al colore politico degli indagati".
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, mette nel mirino i pm: "A Milano una parte della magistratura inquirente ha anche deciso di sostituirsi al legislatore" dice facendo un esempio: "Quello che sta avvenendo contro alcune aziende della moda e del lusso, per solo livore ideologico, è incredibile". Intanto il Pd sostiene il sindaco: la segretaria Elly Shlein lo chiama per esprimergli "solidarietà e vicinanza". In maggioranza più netto si mostra il presidente del Senato Ignazio La Russa, illustre esponente di FdI, secondo cui "sicuramente la giunta Sala ha dimostrato di non essere adeguata".
Mentre la Lega guarda già alle elezioni e, per voce di Massimiliano Romeo, esorta gli alleati a "muoversi" per individuare il prossimo candidato e "giocarci la partita". Da Milano "emerge un quadro inquietante ed è doveroso un passo di lato di Sala", chiede anche il Movimento 5 stelle con Chiara Appendino. L'opposizione invece difende Sala pur con sfumature diverse: Angelo Bonelli, dei Verdi, chiede di "fermare tutti i provvedimenti urbanistici"; per il responsabile Casa del Pd, Pierfrancesco Majorino, "Sala e la sua giunta devono poter proseguire il proprio mandato" ma "serve voltare pagina". In concreto, Majorino auspica una "svolta nel campo urbanistico" e propone di "migliorare alcune scelte compiute, realizzando innanzitutto un nuovo Piano di governo del territorio che metta al centro l'emergenza abitativa e protegga Milano da tentazioni speculative".
Poi una stoccata: "La destra milanese e lombarda farebbe meglio a tacere: non hanno le carte in regola per dare lezioni né sulla questione morale né sull'idea di sviluppo dei nostri territori e delle nostre comunità". Tra gli avversari politici, c'è chi sottolinea l'atteggiamento di Schlein: "In questo panorama desolante di incapacità amministrativa e gestione opaca dell'urbanistica, colpisce il silenzio imbarazzante del Pd", è stato l'affondo della vicesegretaria leghista Silvia Sardone, prima della telefonata tra Sala e Schlein. Le voci dem che prima e più convintamente hanno ribadito il sostegno di Sala sono state dell'ala riformista: da Lia Quartapelle ad Alessandro Alfieri fino a Filippo Sensi. Ma anche Walter Verini e Gianni Cuperlo. "Continuiamo a sostenere il lavoro che Sala e tutta l'amministrazione dovranno fare nei prossimi due anni", lo blinda il segretario del capoluogo lombardo Alessandro Capelli, rilanciando al contempo l'istanza della segreteria nazionale del partito: "E' necessario costruire un nuovo progetto Milano".
Per il leader di Iv, Matteo Renzi, "non si possono chiedere dimissioni per un avviso di garanzia perché questo vorrebbe dire tornare alla barbarie di Tangentopoli". Dello stesso avviso il segretario di Azione, Carlo Calenda: "Per quanto ci riguarda, Sala deve rimanere lì e non piegarsi. Lo stadio va venduto e le procedure urbanistiche chiarite". Nell'ala "garantista" si schiera anche Forza Italia che chiede, per voce di Licia Ronzulli, al primo cittadino di farsi da parte "non per quello che stiamo leggendo sui giornali, ma per la cattiva amministrazione della città". Molto più netta la posizione dei meloniani a Milano: "È ora di dare risposte, innanzitutto politiche" ed "è chiaro che le dimissioni di questa giunta siano l'unica seria opzione sul tavolo".
ansa