Campara: «Il futuro della moda va costruito su empatia e inedite connessioni»

Ciò che più colpisce, osservando o ascoltando Silvio Campara, è la capacità di cambiare registro in modo repentino, mettendo a dura prova l’interlocutore che voglia seguire i suoi pensieri e ragionamenti, pur se arricchiti da inconfutabili numeri. Il ceo di Golden Goose passa con naturalezza dall’aneddoto personale allo scenario globale, dai termini di marketing giustamente intraducibili dall’inglese, come acquisition e retention, riferiti ai clienti dei negozi, non a operazioni finanziarie, all’uso di un linguaggio immaginifico che dice molto della sua personalità.
Al Luxury Summit del Sole 24 Ore che si è tenuto al Magna Pars di Milano mercoledì 7 maggio, Campara ha iniziato il suo racconto proprio da se stesso: «Crescendo ho capito che la fortuna più grande che mi sia capitata è stata di essere stato amato dalla mia famiglia, in ogni fase della mia vita, a partire da quelle cruciali dell’infanzia. Da un piccolo paese del Veneto sono andato a studiare alla Bocconi, ho iniziato il mio percorso di manager e con Golden Goose sono arrivate tantissime soddisfazioni, ma la mia forza, il mio ottimismo, la curiosità e l’empatia per gli altri vengono dal fatto di essere stato amato».

Una confessione che in bocca a molti altri potrebbe sembrare sdolcinata o, peggio, potrebbe assomigliare a una captatio benevolentiae. Detta da Silvio Campara, spiega molto dell’unicità del percorso che sta facendo Golden Goose: il 2024 si è chiuso con ricavi in crescita del 13% a 655 milioni e un ebitda di 227 (+14% sul 2023). «Siamo potenzialmente schiavi, o quantomeno dipendenti, dai nostri smartphone e dalla tecnologia, che sicuramente ha ampliato il ventaglio di scelte che possiamo fare. Ma io ho chiara la differenza tra scegliere di fare qualcosa e decidere, ascoltando cuore e mente – ha aggiunto il ceo di Golden Goose –. Può sembrare eccessivamente teorico o filosofico come ragionamento da applicare alla moda, io credo però che non sia così. Il successo di Golden (sic) è legato alle sensazioni ed emozioni che suscitiamo nei clienti. Non imponiamo niente, né bombardiamo menti e cuori con campagne social ripetitive. Offriamo invece la possibilità di personalizzare quasi ogni prodotto, a cominciare dalle sneaker, naturalmente». A chi ribattesse che la personalizzazione è diventato già da qualche anno il mantra di ogni marchio della moda e del lusso, basterebbe dire che Golden Goose parla di “co-creation”, non di sneaker o magliette personalizzate.
Per sottolineare il legame con ogni forma di creatività e talento, ben oltre la moda, Campara ha dato inoltre vita al progetto Haus of Dreamers, un’idea ma anche un luogo fisico, un complesso di edifici a Marghera, dove il marchio nacque vent’anni fa, inaugurato nel 2024, in occasione della Biennale dell’arte, e che ospita, oltre a uffici e laboratori, spazi per artisti, videomaker, incontri e soprattutto una “scuola per artigiani” (ma in Golden Goose si chiamano dreamers).
Alla vigilia della Biennale di architettura di Venezia, Haus ospiterà Marco Brambilla con Altered States, la sua prima vera mostra in Italia, curata da Jérôme Sans, co-fondatore del Palais de Tokyo di Parigi, che ha scelto una serie di opere già esistenti e altre realizzate appositamente da Brambilla per Golden Goose. Haus aprirà al pubblico domenica 11 maggio in occasione della Haus Week, con un programma di performance, workshop e talk dedicati ad arte, cultura, sneaker e sport, con l’obiettivo di restituire valore alla comunità locale veneziana e promuovere dialogo interculturale, creatività e libertà di espressione. Un evento aperto a tutti, registrandosi su haus.goldengoose.com.
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