L'eterno studente Fabregas, che va a scuola dai colleghi e fa bene ai giovani
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Lo scorso anno Cesc Fabregas telefonò a Stefano Pioli: "Mi piacerebbe invitarti a cena per scambiare idee di calcio". Fatto. L'allenatore del Como ha spiegato: "Ho smesso di giocare e ho allenato subito. Non ho avuto tempo di girare i vari club per studiare. Così recupero alla fine di ogni partita. Parlo con il mister avversario, chiedo, ci confrontiamo". Ci sono tecnici che si azzuffano; altri che, come Fonzie, faticano a dire "ho sbagliato"; altri chiamati Maestro; e poi c'è lo studente Fabregas che ogni settimana, con umiltà franCescana, va a scuola dai colleghi. E ricambia: "Sono un libro aperto. Non chiudo mai i miei allenamenti". Così ora il Como sa pressare a uomo come Gasp, sposta i terzini al centro come Motta e domenica ha sdraiato il Napoli di Conte, suo ex mister. L'idea degli allenatori come una comunità scientifica, che condivide le conoscenze, è alta; lo status di Cesc, studente eterno, è in sintonia con i tempi, ottimo esempio per i ragazzi. Una volta poteva bastare ciò che imparavi a scuola. Ora tecnologia e conoscenze volano. In un attimo, dall'era di Blockbuster a quella di Netflix. Ciò che impari ai primi anni di università può essere superato prima della laurea. Aggiornarsi non è più una scelta, ma un obbligo. In ogni campo. Il calcio non fa eccezione. Chi vinceva prima, e si è fermato, ora può sbattere il muso. Il pallone rotola sempre più veloce. Serve uno studio continuo. Rita Levi Montalcini, a 103 anni, il giorno prima di morire, s’informava ancora sul fattore di crescita nervoso. L'eterno studente Cesc è un esempio prezioso che fa bene ai giovani.
La Gazzetta dello Sport