Così Neuralink vuole tradurre i pensieri in testo

Neuralink ha annunciato che a ottobre inizierà una sperimentazione clinica con l’intento di tradurre i pensieri in testo grazie ai propri impianti cerebrali. Un supporto per chi ha problemi di linguaggio che ha già incassato il benestare della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa americana che, tra le altre cose, si occupa di regolamentare farmaci e dispositivi medici.
Neuralink, azienda cofondata da Elon Musk nel 2016, sviluppa interfacce cervello-computer (brain-computer interface, BCI) piccoli impianti neurali da inserire nel cervello umano per permettere a persone disabili di controllare con il pensiero dispositivi come computer o protesi.
La simbiosi tra Intelligenza artificiale (IA) e cervello umano è uno degli obiettivi di cui Elon Musk parla dal 2018 e questa sperimentazione serve ad ampliare le possibilità offerte dagli impianti cerebrali, già utilizzati per esempio per ridare la voce a malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e per aiutare quadriplegici a interagire con il mondo.
L’interfaccia cervello-computer di NeuralinkLa notizia della sperimentazione, ripresa da Reuters, evidenzia la crescita rapida di Neuralink i cui impianti, a febbraio del 2025, erano stati usati su tre pazienti e che sette mesi dopo, a settembre, sono quadruplicati fino ad arrivare a 12, anche se in lieve ritardo rispetto ai piani iniziali secondo i quali sarebbe stato possibile raggiungere gli 11 pazienti entro la fine del 2024.
Queste 12 persone che hanno partecipato alla sperimentazione e, in totale, hanno superato le 15mila ore di utilizzo delle interfacce neurali, confermandone le applicazioni in ambito medico.
Ora un ulteriore passo avanti che Dongjin “D.J.” Seo, presidente e responsabile delle operazioni di Neuralink, racchiude in uno slogan: “Se state immaginando di dire qualcosa, saremmo in grado di percepirlo”.
L’espansione di Neuralink è solo alle fasi iniziali. Infatti, l’azienda mira a impiantare 20mila chip entro il 2031 (anche in questo caso rivedendo al ribasso le aspettative), uscendo anche dalla mera applicazione medica ed entrando nel mercato consumer con apposite tecnologie. L’obiettivo, in parole spicce, è quello di dotare di interfacce uomo-macchina anche persone sane.
La concorrenzaUn altro aspetto di cui tenere conto è che Neuralink non opera in condizioni di monopolio. Il mercato è conteso da diverse aziende, tra le quali anche l’italiana Corticale, spinoff dell’Istituto Italiano di Tecnologia (ITT), centro italiano di ricerca scientifica di Genova.
La concorrenza stimola il mercato e spinge l’innovazione. Può sorgere il dubbio che ci si spinga al di là del lecito per sopraffare la concorrenza. Tema questo, insieme ad altri, che trattiamo con l’aiuto di Silvestro Micera, autore e professore ordinario di Bioelettronica alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
Professor Micera, quanto è realistica la possibilità di mediare il pensiero per trasformarlo in testo?
“Il primo impianto di una brain-computer interface in un paziente con lesione del midollo spinale risale a 20 anni fa. Quello che ha fatto Neuralink è creare una nuova tecnologia molto interessante e che può avere prestazioni molto superiori ad altre tecnologie simili, in particolare perché completamente wireless, usa un robot che permette di fare un impianto meno invasivo e ha sviluppato interfacce che hanno migliaia di elettrodi (ossia migliaia di punti di contatto col tessuto cerebrale, ognuno dei quali in grado di captare o stimolare i segnali di più neuroni, nda). Quindi il grande vantaggio di Neuralink è un vantaggio tecnologico, ma l'applicazione delle brain-computer interface in generale c'è già da vent'anni e anche l'applicazione per trasformare il pensiero in linguaggio c'è già. Solamente negli ultimi due anni ci sono stati degli articoli su Nature e sul New England Journal of Medicine. Insomma, ci sono vari colleghi che hanno già fatto quello che su larga scala vuol fare Neuralink. È un’idea molto interessante perché, purtroppo, esistono molti pazienti con malattie neurodegenerative le cui conseguenze possono condurre alla Sindrome "locked-in" cioè, sostanzialmente, sono ancora coscienti ma sono bloccati all'interno del loro corpo perché non riescono più a parlare. È come essere murati vivi. Una delle condizioni più spiacevoli possibili, perché si perde la capacità di interagire con tutti, con le persone care e con il mondo. L’idea di Neuralink è di prendere questa tecnologia, non del tutto nuova, e trasformarla in una tecnologia ad ampia utilizzabilità, quindi passare da pochi a centinaia, migliaia, decine di migliaia di pazienti. Un’altra cosa interessante che sta facendo Neuralink è stimolare una parte del cervello, in particolare la corteccia visiva”.
In che modo questa stimolazione aiuterà l’uomo?
“Sicuramente quest'idea di stimolare la corteccia visiva è interessante ma non è di per sé nuova. Il primo paziente non vedente che ha ricevuto un impianto nella corteccia motoria visiva per recuperare la vista risale a sessant'anni fa (era il 1968, nda). La cosa interessante di Neuralink è da un lato la tecnologia wireless, quindi utilizzabile anche a casa quotidianamente, e anche una capacità di fuoco fortissima, grazie ai finanziamenti che ha ottenuto, Neuralink può fare molte applicazioni in campi diversi. Sulla visione sono un tantino pessimista, dubito che Neuralink riuscirà a migliorare in maniera significativa quello che già è stato fatto da altri in passato ma spero di sbagliarmi. Rimane un tentativo importante perché segna una strada che, piano piano, porterà ai risultati sperati”.
Il fatto che il settore si stia popolando di diversi player è un beneficio reale? Non si rischia di spingersi pericolosamente oltre per sopraffare la concorrenza?
“Se c’è un rischio è davvero minimo, perché esistono regole molto ferree nella gestione clinica. In realtà l'arrivo di Musk nel settore ha generato un volano positivo, perché i venture capitalist hanno investito centinaia di milioni di euro nelle aziende del settore, sia in quelle già esistenti, sia in quelle nuove. L’entrata in scena di Elon Musk ha aumentato l’appetibilità delle neurotecnologie agli occhi dei finanziatori, e questo è un bene, perché permette a più attori di provare cose nuove”.
Secondo Musk queste sperimentazioni possono uscire dal settore medico ed entrare nell’elettronica di consumo. Quali prodotti di consumo è lecito attendersi in futuro?
“A oggi non c'è nessuna possibilità che venga approvato l'uso per il mercato consumer di elettrodi impiantati in un cervello. In realtà quello che dice Musk sta già avvenendo, ma con sistemi non invasivi. Meta ha creato un braccialetto che registra l'attività muscolare e che servirà per controllare il computer. Automobili di alta gamma come le BMW hanno un sistema di riconoscimento dei gesti che consente di controllare alcune funzioni della vettura senza la necessità di toccare fisicamente i comandi. L’idea di Musk in generale è giusta, ma la tecnologia Neuralink attuale non sarà utilizzabile almeno per molti anni”.
Quali sono le principali questioni etiche sollevate da simili chip?
“Ce ne sono di breve e di medio-lungo periodo. Nel lungo periodo c’è l’aspetto relativo ai prodotti consumer. Ogni tanto Elon Musk si sbilancia, sostenendo che sarà possibile mettere il cervello in un computer. Questo non è possibile per diversi motivi. Non abbiamo la tecnologia per controllare milioni di neuroni e, secondo, non abbiamo ancora compreso fino in fondo molti meccanismi tipici del cervello. Inoltre, punto più importante di tutti, eticamente non è possibile farlo perché nessuno darebbe a Musk, o a chiunque altro, il permesso di fare degli impianti per persone sane. Queste interfacce sono destinate ad applicazioni clinicamente rilevanti. Nel breve periodo l'aspetto etico sarà regolato in maniera molto seria dalle autorità competenti come, per esempio, il ministero della Salute in Italia e l'FDA in America, il cui compito è di assicurarsi che le sperimentazioni vengano compiute nel modo giusto, ovvero che non comportino danni per i pazienti e che offrano loro dei vantaggi. L'aspetto etico è già considerato ma, secondo me, andrà considerato in maniera più ampia nel prossimo futuro”, conclude il professor Micera.
La Repubblica