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Meno donne creative più lauree STEM

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FOTO Ansa

il foglio della moda

Pur rappresentando circa il sessanta per cento della manodopera, le donne sono ancora poco presenti ai vertici. Per la presidente di CNA Federmoda nazionale Marini ”l’imprenditoria femminile nella moda non è un tema di genere, ma una scelta di politica industriale”

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Non bastano i premi, le sfilate collettive con i tg a favore, i molti corsi (peraltro in calo di iscrizioni, nella maggior parte dei casi). Perché migliori la presenza femminile nella moda, perché le donne occupino posizioni più rilevanti in un settore che le vede numericamente rilevantissime da sempre, ma nelle posizioni meno qualificate, bisogna agire per un cambiamento culturale nelle famiglie, che è e resta fondamentale per tutti gli aspetti della vita delle donne (l’aumento delle violenze di genere è legato anche alla maggiore libertà di affermazione, purtroppo, dunque bisogna agire in sede scolastica e in casa, e ci vorranno generazioni e investimenti) e quindi favorire percorsi di laurea nelle STEM. Più esperte di finanza, più ingegneri gestionali, più esperte di statistica e di informatica, più chimiche.

Per questo motivo, Fabio Pietrella, imprenditore della moda e deputato di Fdi coinvolto in tutti i tavoli analitici e istituzionali del settore, ha accolto alla Camera per il secondo anno “Il Foglio della moda”, che da cinque anni sviluppa grazie a PwC Italia un Osservatorio (il “barometro” come è ormai conosciuto nel sistema) sulle carriere femminili nel sistema della moda e del lusso, e in autonomia sostiene borse di studio con Università Bocconi e Bicocca, per un incontro sul tema, dove è emerso ancora una volta come, anche nell’ambito del lusso, la moda parli ancora troppo al maschile: come ha ricordato la direttrice generale di Altagamma, Stefania Lazzaroni, “le tematiche ESG e la parità di genere restano centrali per l’alto di gamma italiano, ma nel mondo della moda la complessità è evidente: pur rappresentando circa il sessanta per cento della manodopera, le donne sono ancora poco presenti ai vertici.

In Fondazione Altagamma, le donne sono il 27 per cento del board e circa il 30 per cento tra presidenti e CEO delle aziende socie, dati superiori alla media nazionale, ma ancora insufficienti. Oggi serve consolidare il cambiamento con politiche di genitorialità condivisa, la certificazione della parità di genere e comitati dedicati alla diversity, strumenti chiave per ridurre il divario e valorizzare il talento femminile”, punto dirimente anche per Antonella Centra, avvocato esperta proprio in pratiche ESG e già ai vertici di aziende come Gucci. Che la situazione sia migliore fra le aziende più piccole, la famosa filiera oggi al centro di provvedimenti molto attesi in termini di certificazione e legalità, è un dato di fatto che rispecchia l’attenzione del “piccolo” nei riguardi del territorio: “Non è la regola lavorare nell’illegalità”, ha detto la neo-presidente di CNA Federmoda nazionale, Doriana Marini: “Servono strumenti condivisi e verifiche sostanziali, non certificazioni per principio. Solo un equilibrio equo dei margini tra brand e fornitori può garantire un sistema sano e competitivo”, che significa anche un riconoscimento economico diverso, base per ogni evoluzione positiva, anche nel genere: meno logiche formali, più “patti di filiera fondati sulla sostenibilità economica”.

Per questo, a detta di Marini, ”l’imprenditoria femminile nella moda non è un tema di genere, ma una scelta di politica industriale”. Per l’inclusione servono “politiche di sostegno alla genitorialità e di valorizzazione del capitale umano femminile come leve strategiche”. Per il futuro del comparto. Fare carriera significa non dover scegliere il part time perché il territorio non ha strutture ricettive ed educative per i bambini, ma nemmeno dover fare affidamento sui progetti e gli investimenti interni all’azienda. La storia di Luisa Spagnoli è bellissima, che Moncler estenda i congedi di paternità più di ogni altra azienda della moda (e non) italiana un caso da manuale, ma forse è ora che il governo capisca dove e come un Paese getta le basi solide della crescita.

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