Hans Ticha | I mostri sorridono
Christoph Hein ha una frase tanto maligna quanto bella: "Il clima più rigido produce fiori più belli. Questo non vale per il clima più rigido; l'arte è una pianta strana". Quanto sia strano, lo si può vedere nei dipinti di Hans Ticha. Fu probabilmente l'unico artista pop della DDR, ma di un realismo insondabile. Contrappose ironicamente al termine "agitprop", comune nella DDR, il suo "agit-pop". Ciò che lo provoca di più – ieri e oggi – sono le cheerleader, i festeggiatori acclamati, i chiacchieroni di fronte ai rispettivi capi. I loro volti diventano una smorfia, o semplicemente uno spazio vuoto; ogni risata li fa rabbrividire.
Ticha era e rimane un outsider autoproclamato. Non uno che si muove da nessuna parte. Sa che una facciata perfetta è sempre una bugia, e chiunque la assecondi finisce per ritrovarsi incapace di distinguere tra verità e bugie. Dov'è il bambino che osa gridare, come ne "I vestiti nuovi dell'imperatore": "Ma è nudo!". Quel bambino è Ticha. Le sue immagini gridano sempre forte e cadono nel vuoto. Sono icone dell'assurdo. Si potrebbe anche parlare di quella farsa in cui compaiono mostri, fatti di ideologia, avidità e desiderio di potere. Dalle sue foto sportive o di svago, spesso camuffate da innocui, i mostri ci fissano comunque. Ci assalgono come un incubo, erompendo con militanza distruttiva da una giornata estiva apparentemente tranquilla.
I soggetti di Ticha sono così popolari che inizialmente è sconcertante, poi inquietante, pensare che uno spirito maligno li perseguiti, proiettando un'ombra oscura su ogni momento luminoso. Dietro di loro si nascondono i demoni. Questi sono sempre presenti per Ticha quando guarda la DDR. Ma continuano a perseguitarlo anche dopo la sua fine.
Fin dalla sua nascita, il 2 settembre 1940 a Tetschen-Bodenbach, l'isolamento gravava sulle sue spalle come un peso, ma decise di prendersela comoda. La provincia fece sì che Ticha vedesse più chiaramente il fascino anonimo delle grandi città. Dopo essersi diplomato al liceo di Schkeuditz, studiò pedagogia a Lipsia, per poi trasferirsi a Lindenthal, vicino a Lipsia, come insegnante. Ma la vita di provincia era diventata troppo per lui. Nel 1965 iniziò a studiare all'Accademia d'Arte di Weißensee e dal 1970 in poi visse come pittore e grafico librario. La pittura non lo sosteneva; fortunatamente, nella DDR c'era una fiorente grafica libraria. Gli editori riconobbero rapidamente il suo talento nel portare l'espressione pittorica all'estremo senza che questa diventasse caricaturale. Erano sempre icone dell'assurdo.
Un pezzo forte molto ricercato oggi è stato il romanzo di Karel Čapek del 1936 "La guerra con i tritoni", pubblicato nel 1987 da Aufbau-Verlag con illustrazioni di Ticha. La combinazione di inchiostro, collage, lettere e numeri conferisce all'insieme l'atmosfera di una giungla in cui si nascondono pericolosi predatori. Ticha assembla le immagini in stile pop-art, come se stesse pubblicizzando un nuovo detersivo. Ma questo è deliberatamente fuorviante.
Linee sempre nuove che aspettano di essere superate – e quindi superate – non hanno forse un che di sportivo? Per Hans Ticha, certamente sì. Trae ispirazione dal modernismo orientale e occidentale degli anni '20. Le finestre Rosta di El Lissitzky incontrano Paperino, e tutto questo nei primi anni '70 nella Germania dell'Est! Un mix esplosivo.
Ticha considera il suo lavoro per l'editoria una sfida, alla ricerca di nuove possibilità tecniche. Le sue creazioni visive sono quelle di un moderno alchimista: "Ho disegnato ogni colore in nero su un foglio, l'ho copiato due volte su pellicola e ho montato le pellicole". È così che nascono i suoi pittogrammi. L'arte non è un codice segreto, ma è comunque una ricerca di nuove forme di espressione che lo spettatore deve ancora scoprire. Queste forme a volte possono essere sconcertanti.
Esistono due tipi di ironia. L'ironia hegeliana dello spirito del mondo viene dall'alto, mentre l'ironia romantica, che diventa autodifesa dell'individuo contro un mondo esterno opprimente, viene dal basso. Anche Ticha appartiene, nel suo impulso originario, a questi romantici, per i quali ogni risata nasconde lacrime per condizioni disperate.
Fu anche un'amara ironia per Ticha il fatto che dopo il 1990 lui, l'outsider, venisse accomunato ai rappresentanti della scena artistica della DDR: con un intento del tutto denigratorio. La mostra "Ascesa e declino del Modernismo" del 1999 a Weimar gli fece credere in una rinnovata visita di quegli spettri che il sonno della ragione suscita nell'opera di Goya. Ticha reagì con indignazione: "Questi organizzatori di mostre occidentali, già attivi da tempo nei paesi dell'Europa orientale, si sentirono in dovere di organizzare una retrospettiva a scopo diffamatorio per la prima volta dopo la mostra 'Arte degenerata'. Si trattava di una 'retrospettiva' sulla pittura della DDR, esposta in un fatiscente edificio nazista, in stretta prossimità e classificata come arte nazista, con una selezione senza vincoli (l''organizzatore della mostra' aveva ordinato a caso 500 opere d'arte della DDR), appese in modo scadente in spazi angusti su pellicole di scarto spiegazzate, e il tutto in un'enorme sala scarsamente illuminata. Un evento."
Anche Ticha viene preso in giro in questa mostra. Non vedete nei suoi quadri bandiere rosse e funzionari in occasione di eventi di massa, soldati che marciano al passo dell'oca, pugni chiusi e volti dello stesso tipo? Un chiaro caso di agitazione! Ticha non era l'unico a chiedersi se questi organizzatori della mostra fossero ciechi dalla nascita. Ma come sempre, si vede solo ciò che si sa già. I funzionari della DDR erano terrorizzati dall'essere ironizzati. Imitavano le loro frasi vuote e roboanti, la vuota autodrammatizzazione del potere. Ma ora ecco lo stupefacente, il fatale: in Occidente, questa forma di ironia non veniva ovviamente compresa. Qui, le persone dicono quello che pensano, sono chiaramente a favore o altrettanto chiaramente contro. Non è lodevole? Forse per la vita di tutti i giorni, ma non per l'arte.
Ticha non è stato l'unico a dover sperimentare questa via di mezzo artificialmente sofisticata; è qualcosa che manca a molti in Occidente, poiché non hanno mai imparato a leggere "tra le righe". Ma Ticha non sarebbe Ticha se non la usasse come materiale per nuovi dipinti.
nd-aktuell