La procedura disciplinare merita una riforma

Dopo aver riconosciuto il programma del Governo per la riforma della legislazione sul lavoro, è necessario riconoscere il merito e la pertinenza della maggior parte delle proposte presentate per il dibattito politico e sociale.
Tra le varie proposte presentate, l'ultima in ordine di tempo ha visto il tentativo di semplificare la procedura disciplinare, in vista del licenziamento, quando sono coinvolte micro, piccole e medie imprese, ovvero aziende con meno di 250 dipendenti.
Considerando la comunità imprenditoriale portoghese, il cambiamento, se attuato, interesserà la maggior parte dei nostri datori di lavoro.
Da dove nasce il cambiamento proposto e cosa rappresenta, dopotutto?
In linea con il principio costituzionale della stabilità del posto di lavoro e con il divieto di licenziamenti illegittimi, il licenziamento per fatto imputabile al lavoratore deve necessariamente essere preceduto da un procedimento, denominato “procedimento disciplinare”.
Tale procedura si articola in tre fasi fondamentali: l'accusa (debitamente circostanziata); la difesa del lavoratore (in contraddittorio); e la comunicazione di una decisione scritta e motivata.
Sebbene si tratti di una procedura unilaterale, promossa dal datore di lavoro, la costruzione che si è fatta attorno ad essa, negli ultimi decenni, ha portato alla tendenza a strutturarla come un processo non per parti, ma molto più garante per il lavoratore.
Le garanzie (in sostanza, di difesa e di contraddittorio) del lavoratore si concretizzano in diverse fasi del procedimento, tra cui: la necessaria precisazione della Nota di Cognizione; la possibilità di consultare il fascicolo e di presentare una risposta alla Nota di Cognizione; la possibilità di richiedere l'aggiunta di prove al fascicolo (in particolare, prove documentali) e di richiedere l'esibizione di prove (in particolare, prove testimoniali).
Inoltre, una volta completata la produzione delle prove, il dipendente deve ricevere, per iscritto ed entro un termine definito, la decisione finale del procedimento disciplinare, corredata da un rapporto debitamente motivato.
La proposta di modifica in discussione, in una linea di semplificazione di una procedura indubbiamente complessa e lunga, giunge, tra l'altro, a sopprimere la fase istruttoria derivante dall'iniziativa del dipendente, sollevando così il datore di lavoro dall'obbligo di svolgere le procedure probatorie richieste dal dipendente.
Lo scopo della proposta, come è evidente, è quello di snellire e semplificare i procedimenti. È anche vero che, sebbene le prove prodotte nel corso del procedimento disciplinare servano a corroborare la decisione di licenziamento (o l'applicazione di altra sanzione disciplinare), il principio dell'immediatezza della prova non esime tuttavia dalla produzione di prove in giudizio in caso di impugnazione giudiziale del licenziamento. Ciò significa che il controllo giurisdizionale sulla regolarità e legittimità di un licenziamento richiederà sempre la produzione di prove dinanzi a un giudice, in tribunale, e qualsiasi sforzo probatorio intrapreso durante il procedimento disciplinare non sarà sufficiente.
Il cambiamento avviene, tuttavia, in contrasto con il lungo percorso (dottrinale e giurisprudenziale) intrapreso nell'ambito del procedimento disciplinare, in una direzione marcatamente garantista e tutelante i lavoratori.
Se il cambiamento andasse in porto, come proposto, il lavoratore si troverebbe in possesso di meno strumenti e mezzi per presentare la propria versione dei fatti nel procedimento disciplinare e, soprattutto, per provarla.
La difficoltà sorgerà, in particolare, nelle situazioni in cui la dimostrazione dei fatti dedotti dal dipendente, in risposta alla dichiarazione di colpevolezza, richiederà necessariamente la produzione di prove testimoniali, passaggio che, secondo la proposta, il datore di lavoro (o l'istruttore incaricato di condurre il procedimento) sarà esonerato dal compiere.
La dottrina e la giurisprudenza ci hanno fermamente dimostrato che, tra le garanzie assolutamente irrinunciabili e fondamentali del procedimento disciplinare, vi è l'esercizio del contraddittorio da parte del lavoratore di fronte ai fatti a lui imputati.
Attualmente, le procedure probatorie richieste dal dipendente possono essere derogate solo se – debitamente allegate per iscritto e comprovate dal datore di lavoro o dal responsabile del caso – si rivelano manifestamente irrilevanti e/o dilatorie. Tale valutazione, in ogni caso, sarà sempre soggetta a sindacato giurisdizionale.
Ciò premesso, e pur riconoscendo l'importanza di semplificare la procedura, è importante prevedere la difficoltà di considerare l'esclusione di questo livello minimo di garanzia. Infatti, nel 2009, una modifica analoga non ha superato il vaglio della Corte Costituzionale, e le ragioni di tale decisione sono note.
In una nota conclusiva sul tema, sottolineiamo, con particolare enfasi, l’occasione che, ancora una volta, si perde di rivisitare – e materializzare – il regime del procedimento disciplinare nel suo complesso.
Di fronte a un regime da tempo riconosciuto come limitato e di difficile interpretazione e applicazione – strutturato essenzialmente su costruzioni dottrinali e giurisprudenziali, naturalmente divergenti – non riteniamo sufficienti né pertinenti alcune modifiche chirurgiche, che poco o nulla dissipano i dubbi e le preoccupazioni dell’applicatore.
Il sistema disciplinare, data la sua enorme importanza nel contesto dei rapporti di lavoro, merita (e deve) essere applicato con chiarezza e certezza. Non meno è richiesto a qualsiasi valida riforma proposta.
observador